Uno spazio che aspira a fornire spunti di riflessione sulla realtà che ci circonda e che spesso sfugge ai nostri occhi, invisibile se pur nella sua disarmante evidenza. Una lettura rivolta a chi ha già messo in discussione se stesso, le ideologie dominanti e ciò che sembra non rientrare nella sfera delle proprie scelte, incrollabile, ineluttabile, ma anche a chi, pur rispettando ed amando sinceramente qualunque forma di vita al di là della specie, non è ancora riuscito a farlo.

martedì 7 maggio 2013

Cosa significa essere "umani"?

Con tale domanda non mi riferisco ovviamente all'appartenenza di specie.

Ho avuto modo in questi ultimi giorni di soffermarmi a riflettere a lungo su espressioni di uso comune, colta da un senso di inspiegabile fastidio a pelle che mi ha spinto a cercare razionalmente un modo per renderlo un pò meno inspiegabile, a concretizzarlo e a formulare in maniera chiara la reale motivazione che desse un senso al suo scaturire.

Sento molto spesso, tra chi difende gli animali dalle nefandezze dell'uomo, espressioni quali "non siamo degni di considerarci esseri umani" o "in realtà di umano non abbiamo proprio nulla".
La domanda da porsi dinnanzi a tali espressioni non è affatto se effettivamente possediamo quelle caratteristiche che ci consentono a pieno titolo di definirci "umani", cosa che non sarebbe giusto negare; la vera domanda da porsi è quale significato attribuiamo in realtà all'aggettivo "umano" e al sostantivo "umanità".

"Umano" quale sinonimo di magnanimo, buono, caritatevole; "umanità" quale sinonimo di sensibilità, indulgenza, solidarietà.

L'animale umano ha sentito il bisogno di espellere al di fuori di sè qualunque caratteristica negativa, si è rifiutato di accostare alla sua natura qualunque termine potesse esprimere disposizioni non ammirevoli di cui anche egli, e a volte solo egli, è portatore e rappresentante, e si è innalzato al di sopra di tutto instituendo una contrapposizione, relegando quelli che sono i suoi atti malvagi e deplorevoli nella sfera della "bestialità". Chi ha la pretesa di definirsi "umano" non può contenere in sè vizi e difetti che nella maggior parte dei casi sono peculiari proprio della specie umana; chi ha la pretesa di definirsi "umano" non può rendersi artefice di azioni nefaste di cui molto spesso l'animale umano, data la sua razionalità, è l'unico artefice.

Ha trasformato il sostantivo neutrale che indica la sua semplice appartenenza di specie nella definizione di quell'insieme di qualità che ha desiderato attribuirsi, rimproverando a se stesso, nel momento in cui se ne scopre privo, di non meritare di definirsi parte di un cerchio che egli stesso, attraverso un colossale inganno, ha semanticamente ed ideologicamente delimitato.

Non è questa un'ulteriore gabbia all'interno della quale siamo rinchiusi? Non è questa un'ulteriore forma di violenza? Un'ulteriore forma di egoistica sopraffazione e di autocelebrazione?

Non si può essere degni o non degni di considerarsi o definirsi "umani". Non se scendiamo dal piedistallo e ci mettiamo in testa che la definizione "umano" non ha senso se non nella misura che, in preda ad un razionale delirio antropocentrico, gli abbiamo voluto arbitariamente attribuire.



1 commenti:

Rita ha detto...

Già, ottima riflessione.
Soprattutto "l'umano" e tutto ciò che vi si riferisce si è andato a costituire nei secoli proprio in opposizione a quelle caratteristiche animali che pure ci appartengono, di fatto arbitrariamente degradando le altre specie animali e innalzando a valore assoluto ciò che peculiarmente ci appartiene come specie.
La degradazione delle altre specie è avvenuta soprattutto tramite un continuo processo di mistificazione e falfisicazione delle loro qualità. Per secoli si sono negate tutte quelle capacità cognitive ed emotive che gli animali hanno e tutt'oggi lo si continua a fare per poter impunemente continuare a giustificare il loro sfruttamento.

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