tag:blogger.com,1999:blog-39882821464559654002024-03-13T18:08:17.143+01:00Beyond Species<b>La vera essenza della vita<br>è in quello sguardo che ogni giorno<br>accarezza la morte.<br><br><br></b>Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.comBlogger16125tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-49837558855337208892013-12-29T23:44:00.002+01:002013-12-29T23:44:57.127+01:00Le pellicce della PETA e la realtà frammentata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-IxX_iQDUqVk/UsCWPjIvhxI/AAAAAAAAALU/OPgjtdcYmhI/s1600/peta.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="284" src="http://3.bp.blogspot.com/-IxX_iQDUqVk/UsCWPjIvhxI/AAAAAAAAALU/OPgjtdcYmhI/s320/peta.png" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">16 dicembre 2013 - PETA dona cappotti in pelliccia e altri abiti in lana, pelle e cuoio ai poveri di Detroit. Rimando all'<a href="http://www.peta.org/blog/peta-giving-away-fur-coats/">articolo</a> sul loro sito web per leggere riguardo all'iniziativa in maniera più approfondita. </span><br />
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non sono contraria all'iniziativa per motivi che forse verrebbero definiti "dogmatici"; in realtà non posso neanche parlare di contrarietà. So rendermi perfettamente conto delle differenze di intento che muovono iniziative diverse, e riesco certamente anche a distinguere un intento positivo ed altruista da uno mosso invece da noncuranza, egoismo e convenienza. Si tratta di indumenti vecchi, di cui persone meno abbienti possono sicuramente usufruire e da cui possono trarre vantaggio in situazioni di estrema difficoltà. Quegli animali non torneranno in vita, assolutamente no. E si potrebbe anche dire che "almeno quelle morti non sono state vane e che andranno ad arrecare del bene". Però almeno una domanda credo possa essere lecita: il messaggio che viene veicolato potrebbe in un certo senso contenere in sè una contraddizione e non tener conto del legame tra due aspetti differenti di una stessa realtà? Potrebbe trasmettere l'idea che una vittima possa essere aiutata attraverso il risultato della vittimizzazione di un'altra, nel momento in cui invece io ritengo che la vittimizzazione di una possa essere condizione sufficiente proprio per il darsi della vittimizzazione di un'altra e che per eliminare una forma di ingiustizia sia necessario rifiutare e non ricorrere agli esiti dell'ingiustizia in qualunque sua forma? Mi fa pensare all'idea dello sfamare i bambini africani ricorrendo a prodotti animali, che sono una delle cause della loro malnutrizione. Il punto non sta nel fatto che quegli animali siano morti; sono morti comunque, e che se ne nutra l'uno o l'altro forse fa poca differenza; il punto non sta neanche nel fatto che quei prodotti siano una delle cause; potrebbero anche non esserlo in un legame diretto di causa ed effetto. Secondo me sta proprio nel messaggio che tende a creare una distanza tra la condizione dell'uno e la condizione dell'altro, come se le due cose non si implicassero a nessun livello e non avessero un'origine comune. </span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Detto questo, per sottolineare quanto non ci sia critica nel mio scritto, ma solo voglia di pormi delle domande e comprendere se possono o non possono essere lecite, confesso di aver donato </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">anch'io </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">i miei abiti in lana e in altri materiali a persone che ne avevano bisogno. Mi chiedo soltanto se, al di là di un giudizio positivo immediato, in una prospettiva più ampia sia davvero questo il modo giusto di procedere e di pensare.</span><br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
</div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-375092985050600312013-12-29T23:43:00.001+01:002013-12-29T23:43:20.585+01:00Il seme dell'ingiustizia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-U41ZMRJ5dyM/UsCk5Pin0VI/AAAAAAAAALk/P4xLnhYf0i0/s1600/Stick_mata_by_DARKENISM.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://4.bp.blogspot.com/-U41ZMRJ5dyM/UsCk5Pin0VI/AAAAAAAAALk/P4xLnhYf0i0/s320/Stick_mata_by_DARKENISM.jpg" width="240" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Può la lotta contro una particolare forma di ingiustizia non includere la lotta contro l'ingiustizia in qualunque sua forma? Può un movimento per la rivendicazione dei diritti di un gruppo non tener conto di tutti gli altri gruppi i cui diritti non sono riconosciuti?</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br />
L'attenzione rivolta ad alcune lotte portate avanti in nome della "giustizia" e la completa cecità nei confronti di altre dimostrano quanto sia scarsa e superficiale la comprensione del problema con cui ci si confronta. Esiste una radice comune a qualunque forma di ingiustizia, indipendentemente dai soggetti o gruppi di soggetti nei confronti dei quali viene perpetrata; esiste un meccanismo unico, che innescandosi dà vita ad una pluralità di manifestazioni diverse tra loro. Non tenerne conto, e rivendicare i diritti di alcuni gruppi ignorando o violando contemporaneamente i diritti di altri, siano essi umani o non umani, equivale a tentare di curare alcuni rami di una pianta lasciandone morire altri, senza rendersi conto che tutti fanno capo alla stessa radice malata che continua ad estendere la malattia anche a quelli che si è scelto di curare.
<br /> </span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Significa rivolgere la propria considerazione esclusivamente a coloro ritenuti degni di riceverne, senza aver compreso che il reale fenomeno da avversare consiste proprio nell'istituzione arbitraria di un parametro in base al quale stabilirlo.
<br /> </span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">L'ingiustizia è un seme che, una volta lasciato in balia del vento, ha la facoltà di attecchire in qualunque luogo e di germogliare in qualsiasi forma.</span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-59423820168146588472013-11-06T00:33:00.003+01:002013-11-07T00:39:37.572+01:00L'animale che non sono<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-xBu7g00SF2Q/Unl-eiQY4KI/AAAAAAAAALE/LzNdkmYqjuc/s1600/Pig.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="191" src="http://3.bp.blogspot.com/-xBu7g00SF2Q/Unl-eiQY4KI/AAAAAAAAALE/LzNdkmYqjuc/s320/Pig.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Il termine "animale", si sa, è largamente abusato. E non soltanto perché,
come scrive il filosofo Jacques Derrida, raggruppiamo ed appiattiamo sotto
di esso una molteplicità di esseri viventi diversi tra loro per
appartenenza di specie e per individualità, facendo del linguaggio
l'elemento discriminante tra "noi" e "loro"; al contrario, accade spesso
di assistere ad una sottrazione, all'esclusione di una moltitudine di
specie animali che fa sì che altre specie (in genere un numero piuttosto
ristretto) si trovino ad assumere impropriamente una valenza
rappresentativa della realtà che questo termine, se pur vago e impreciso,
vorrebbe e dovrebbe indicare. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<div style="text-align: justify;">
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">É il caso di alcune associazioni dichiarantesi "animaliste" le quali
propongono, per la raccolta fondi in favore di alcune specie (come cani,
gatti, ma anche caprette e conigli salvati dal macello e ospitati nel
loro rifugio), cene benefit a base di formaggi, salumi e filetto di
maiale, pur indicando fra i loro scopi principali la difesa degli
animali, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica e la promozione di
una cultura del rispetto che li riconosca come soggetti di diritti.
A questo punto, la domanda che sorge un po' a tutti spontanea ovviamente
è: ma cosa si intende, allora, per animali? Si tratta di un errore? Di
una frettolosa e non ragionata semplificazione? Potrebbe darsi. Così come
potrebbe trattarsi di un modo per fare scena, guadagnare visibilità e
attirare nell'immediato maggiori consensi pur continuando ad attuare,
dietro le quinte, vantaggiose discriminazioni (fino al momento della
promozione di una tale cena, si intende). Tutto è possibile, in realtà, a
questo mondo; ma sinceramente credo che la risposta non coincida con
nessuna di quelle sopra ipotizzate. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ho avuto modo di leggere una lunga
serie di commenti riguardanti l'evento–cena di una delle associazioni in
questione; gente che si accapigliava, che criticava, che faceva notare
l'incoerenza; vegani contro onnivori, onnivori contro vegani, qualche
vegetariano che spuntava timidamente nel mezzo. Come in qualunque
discussione virtuale (e non solo), c'era chi utilizzava un tono offensivo
e chi argomentava, chi usava logica e chi usava difese, chi era
obbiettivo e chi rigirava le questioni a proprio vantaggio. L'evento era
comunque palesemente imbarazzante, e l'incoerenza tanto evidente da
suscitare critiche anche da parte di chi gli animali li sfrutta senza
troppe remore. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Piuttosto che commentare, essendo già stato detto di tutto e di più ed
essendo già stato affrontato qualunque aspetto della questione, ho
preferito leggere ed osservare ciò che si nascondeva fra le righe. Una o
due le organizzatrice intervenute, non più di tre i sostenitori, ma
interventi tali da chiarire in tutto e per tutto l'enigma sul significato
della parola "animale" e sul malinteso venutosi a creare. Il maiale non è
un animale. Sembra una banalizzazione, ma non lo è affatto. Le
organizzatrici stesse hanno ribadito l'assoluta uguaglianza tra cani e
maiali, attribuendo gli stessi diritti ad entrambi, ma ciò che si
nascondeva dietro le loro parole, senza che se ne accorgessero
minimamente, era esattamente l'opposto: il maiale non è un animale. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Mi
rendo conto di quanto sia difficile accorgersene per chi è ancora immerso
in una cultura che segna confini discriminatori fra specie credendo di
esserne uscito e riproponendosi di sensibilizzare proprio al riguardo di
tale problematica. In sintesi, il loro intento era quello di raccogliere
fondi per aiutare gli animali del loro rifugio, e preoccupate del fatto
di non riuscire a raccoglierne abbastanza, hanno pensato bene di inserire
cadaveri di altri animali (e derivati, che non sono certo da meno) nel
loro menù per assicurarsi la partecipazione di un buon numero di onnivori
(vale a dire coloro che nei loro scopi si ripropongono di sensibilizzare
riguardo allo sfruttamento animale e che proprio in tale occasione
avrebbero avuto modo di avvicinare). Il punto fondamentale, e anche più
indicativo direi, è che non sono riusciti a vedere in tutto ciò nessuna
incongruenza, e che né loro né tanto meno i due/tre appassionati
sostenitori che hanno consumato la tastiera a furia di digitare frasi
senza senso, sono stati in grado di comprendere le critiche che gli sono
state mosse, per quanto gli siano state illustrate e spiegate
accuratamente. Gli è stato mostrato quanto fosse illogico in generale ed
oltretutto contrastante con gli scopi della loro associazione cercare di
aiutare alcuni animali a discapito di altri che non valgono di certo
meno, quanto non esistano animali di serie A e animali di serie B, quanto
il logo della locandina, in cui apparivano anche animali "da fattoria" e
la scritta "in difesa di tutti gli animali", contrastasse fortemente con
il menù riportato alla sua sinistra. Nulla da fare. Completamente fuori
strada. Non solo le loro risposte miravano a cercare delle pecche in chi
voleva farli riflettere (secondo la logica del tutti colpevoli tutti
assolti) piuttosto che ammettere la cantonata presa e, soprattutto,
l'offesa perpetrata nei confronti del maiale, vero soggetto in quanto
titolare di diritti, come loro affermano senza sapere neanche cosa
significhi; no, si inoltravano anche in una sterile e fuorviante polemica
sui destinatari del menù e su altre irrilevanti questioni. Ne sintetizzo
qualcuna: "Non è una cena rivolta a voi vegani, la prossima volta la
faremo per voi" - "Invece che pensare agli animali vi dà fastidio sedere
a tavola vicino a degli onnivori o che i loro soldi vadano in difesa
degli animali sfortunati" - "Invece che pensare ai veri problemi ci si
concentra su cosa si mangia" e, per finire, il classico "Ognuno è libero
di scegliere e di mangiare ciò che vuole e le nostre scelte vanno
rispettate come noi rispettiamo le vostre". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Qui mi si è aperto un mondo, davvero. Qui ho capito cosa significa dire
a parole "il maiale è un animale" pur avendo la testa che non riesce
affatto a vederlo e sentirlo come tale, nonostante qualunque meritevole
sforzo. Se tutto ciò su cui ci si è riusciti a concentrare sono state le
preferenze alimentari degli ospiti, il fastidio per il vicino di tavola,
le tasche da cui sarebbero usciti i soldi, o peggio ancora, la libera
scelta del "cosa" mangiare.. non mi sorprende affatto l'intera
strutturazione dell'evento, e ciò che prima mi appariva come un
controsenso mi sembra ora semplicemente logico e coerente. Si, perchè il
maiale, ribadisco, non è un animale. É </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">un "cosa" mangiare, non un
individuo, e precisamente l'individuo di cui si parla in quel dato
momento. Il maiale praticamente non esiste, nel discorso non lo si prende
neanche in considerazione. Tutto viene ricondotto ad un dibattito tra due
parti in gioco; poco importa se è di una terza parte che si sta parlando,
se è il rispetto nei suoi confronti quello su cui si vuole far
riflettere. I veri problemi sono altri, sono gli animali sfortunati del
rifugio, i cani abbandonati nei canili; è ridicolo concentrasi su
questioni minori e prive di importanza, come ad esempio l'allevamento, lo
sfruttamento da parte dell'uomo di milioni di creature che nascono con un
destino già segnato e che non conosceranno altro nella vita se non
privazioni e morte. Certo, perchè questo non è considerato, non si sta
parlando in realtà dello sfruttamento dell'animale maiale, ma solo del
cibo che è nel piatto, che è qualcosa di diverso e che rimane confinato
in una sfera separata.
Eppure, proprio questo genere di risposte, volte a minimizzare il
problema e a persuadere della sua inesistenza, sono quelle che più mi
fanno capire quanto il problema in realtà esista e sia anche piuttosto
grave. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Si è parlato di cultura, di quanto sia radicato il mangiare animali a
livello culturale, e quindi normale, ma il paragone con le abitudini
culturali di altre popolazioni che si nutrono degli animali a favore dei
quali loro hanno indetto la cena ha fatto semplicemente rabbrividire. </span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">É</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">
stato considerato offensivo, come se nei confronti di un cane anche un'abitudine culturale fosse da considerasi inaccettabile. Piuttosto che
renderli coscienti del controsenso (come lo sarebbe indire
una cena a favore dei maiali servendo cani affinchè possano accorrere
anche ospiti cinesi e coreani per racimolare più soldi), non li ha smossi
minimamente dalle loro posizioni, dimostrando ancora una volta quanto in
realtà, nonostante tutte le belle parole, il maiale non sia a tutti gli
effetti un animale e non goda quindi della stessa considerazione di cui
godono altri animali a cui ipocritamente lo equiparano in quanto a
diritti. </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"We do not see things as they are, we see things as we are", scriveva la
scrittrice statunitense Anaïs Nin. Come darle torto? E infatti, proprio
perchè le cose non si è stati in grado di vederle obbiettivamente per
quello che erano e per quello che sono, per sottrarsi alla contraddizione non hanno cambiato
menù, come molti gli avevano proposto di fare, offrendosi anche di cucinare
per loro, rifare la locandina e partecipare (portando fondi) ad una cena
finalmente cruelty free; hanno tolto il logo, così che non sia più
menzionata la difesa del generico "animali". </span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Caro Derrida, mi rincresce dirlo, ma mi sa tanto che ti sbagliavi; da
quella compressione ontologica qualcuno è riuscito a sottrarsi eccome. Ed è riuscito,
sempre ontologicamente, a materializzarsi altrove. Sotto forma di
filetto.</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
</div>
</div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-53932966865159507432013-10-24T18:48:00.000+02:002013-10-24T21:05:03.544+02:00"Carne da macello"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-xLCOm46MiDE/UmlNXkbkneI/AAAAAAAAAK0/N3gibNnytlI/s1600/123914111-a06f5252-c957-4406-b426-ee002bd22a65.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="226" src="http://2.bp.blogspot.com/-xLCOm46MiDE/UmlNXkbkneI/AAAAAAAAAK0/N3gibNnytlI/s400/123914111-a06f5252-c957-4406-b426-ee002bd22a65.jpg" width="400" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Parlo da donna. E ciò che mi indigna, in quanto donna, non è il fatto di essere considerata "carne da macello", bensì il fatto stesso che esista una "carne da macello" a cui poter essere paragonata, quel referente-assente il cui significato originale è stato svalutato per divenire metafora di qualcos'altro ed essere così incluso all'interno di una gerarchia antropocentrica.
Proprio noi donne, spesso vittime di discriminazione e mercificazione, attente in molti casi a tematiche di tipo sociale come il sessismo, dovremmo capire che qualunque forma di discriminazione si sviluppa dalla medesima radice; che si tratti di una differenza di razza, di sesso o di specie, la discriminazione è attuata sempre nei confronti del "diverso da sè", chiunque egli sia, e a seconda dello staus di colui che la attua, che sia bianco occidentale, uomo o ancor più semplicemente umano.
Se io mi indignassi per il paragone con la "carne da macello", ma non per la "carne da macello</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">"</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> in sè, ritenendo di avere un diritto maggiore a non essere discriminata e mercificata, non farei che riprodurre lo stesso meccanismo a cui tento di oppormi, e il mio punto di vista specista avrebbe la stessa identica validità del punto di vista sessista di cui sono vittima. Pensateci.</span><br />
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><a href="http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/10/23/foto/capri_fette_di_prosciutto_sul_sedere_di_una_donna-69252134/1/?ref=HRESS-4" target="_blank">Questo</a> l'articolo della Repubblica Napoli.it, in cui si parla dell'indignazione delle utenti.</span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-49925860019469756032013-10-23T22:46:00.001+02:002013-10-24T14:39:58.595+02:00Perversione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-6uuz-_PNuT4/Umg1MaOj1oI/AAAAAAAAAKk/09J7YowIINg/s1600/tumblr_mgcr6sMLX11rutp1jo1_500.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://1.bp.blogspot.com/-6uuz-_PNuT4/Umg1MaOj1oI/AAAAAAAAAKk/09J7YowIINg/s1600/tumblr_mgcr6sMLX11rutp1jo1_500.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Eppure esiste addirittura qualcuno a cui viene in mente di paragonare l'industria del latte alla predazione. Questo non fa che dimostrare quante acrobazie mentali si è disposti a compiere pur di convalidare le proprie aprioristiche certezze e mantenersi al riparo dalla scomodità del ragionamento e della messa in discussione di quanto si è sempre dato per scontato senza peraltro mai essersi interrogati al riguardo.
Per chi non lo sapesse, le mucche non "fanno il latte". Eh no, non sono dei distributori, anche se ci vengono sempre dipinte come tali fin da quando siamo bambini, martellati da immagini e disegni in cui le mammelle sono praticamente più grandi delle mucche stesse, così che siano l'unica cosa a rimanerci impressa e a farci istituire un collegamento automatico con l'animale e la sua "funzione". Le mucche sono dei mammiferi, esattamente come noi animali umani. E per entrare nella fase della lattazione, esattamente come noi, devono partorire. Ne consegue che per produrre latte in continuazione, devono partorire in continuazione. I nascituri indesiderati non sono altro che scarti, a cui non si può permettere di nutrirsi del latte materno destinato dall'industria al consumo umano, rivolto ad individui già svezzati da tempo che non ne hanno alcun bisogno se non per togliersi lo sfizio di un cappuccino o di una torta o di un gelato (per altro realizzabili con una sconfinata varietà di alternative, altrettanto buone e maggiormente salutari). Queste meravigliose creature, piene di voglia di vivere e capaci di instaurare dei fortissimi legami emotivi, vengono separate immediatamente dalle loro madri e assassinate affinchè non consumino ciò che era a loro, e solamente a loro, riservato.
Cosa ha a che fare tutto questo con la predazione? Il leone modifica forse geneticamente una mucca affinchè produca più latte? La insemina artificialmente affinchè abbia ripetute gravidanze? Uccide i suoi figli per rubare il suo latte? No, mi dispiace. Se vogliamo ragionare seriamente c'è la massima disponibilità, purchè il dialogo sia informato, costruttivo, libero da pregiudizi e non rivolto esclusivamente a sopraffare l'altro pur di uscirne indenni e non essere costretti a mettere in discussione i propri dogmi (perchè a questo punto, davanti ad una tale cecità e volontà di mantenerla a tutti i costi, è proprio il caso di parlare di dogmatismo).
Mettere in atto un processo del genere, anche piuttosto complesso a livello di ingegno, attraverso il quale diviene possibile rubare il latte di un'altra specie e nutrirsene pur non avendone bisogno eliminando gli svantaggi economici che necessariamente ne deriverebbero, non ha nulla a che fare con l'istinto di sopravvivenza. É razionalità, calcolo allo stato puro; quel tipo di calcolo razionale che sconfina nella perversione.</span><br />
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-size: x-small;">Essendomi stato contestato l'utilizzo dei termini "razionalità" e "razionale", ci tengo a specificare in quale accezione li ho utilizzati e con quale significato. Considero il fatto di bere il latte di un'altra specie un qualcosa di altamente IRrazionale, così come considero IRrazionale il fatto di non porsi domande al riguardo dando per scontato che sia normale così e basta. La "razionalità" a cui mi riferivo è quella, in accezione puramente negativa, che spinge lucidamente a fare calcoli e a perseguire il proprio utile a discapito degli altri, riuscendo perfettamente nell'intento. Quella in grado di partorire le invenzioni più abiette; quella della mente fredda che misura, valuta i pro e i contro e poi calpesta chiunque intralci il suo cammino pur di eliminare gli svantaggi. Il consumatore è certamente irrazionale, ma l'uso della razionalità (nel senso sopra spiegato) di certo non è mancato nello strutturarsi dello sfruttamento sistematico di quelle povere creature.
<br />
<br />
Vorrei inoltre precisare anche il significato che attribuisco al termine "perversione" in tale contesto. Lungi dal ritenere perversi in senso stretto gli allevatori dell'industria lattiero-casearia (che altro non sono che imprenditori che svolgono il loro triste lavoro utilizzando gli strumenti di cui dispongono e che gli sono purtroppo consentiti dalla legge), ritengo invece che sia il meccanismo stesso ad essere perverso, e perverso nel senso di "calcolo geniale". Si usa infatti spesso l'espressione "mente perversa" proprio per indicare una "mente geniale" con valenza negativa, in grado di ordire qualunque efficientissima trama al fine di raggiungere i propri obiettivi. </span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-75487097389078705382013-10-23T21:33:00.001+02:002013-10-23T22:34:40.682+02:00Rispettare il "diverso"<div style="text-align: justify;">
<br />
<br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non si tratta di "innalzare" gli animali non umani al livello di quelli umani, nè di dimostrare quanto siano intelligenti e di quali mirabili facoltà siano dotati affinchè gli possano essere riconosciuti un valore e una dignità. Non esistono livelli, non esistono un sopra e un sotto; non esistono gerarchie da scalare. Parlare di minore o maggiore evoluzione è fuorviante, poichè i termini "maggiore" e "minore" implicano il riferimento ad un parametro, che è funzionalmente un parametro umano e di conseguenza antropocentrico. Il rispetto dell'altro, per essere davvero tale, dovrebbe invece configurarsi necessariamente come rispetto della diversità, come riconoscimento di un valore in ciò che è distante da sè e in cui non ci si rispecchia, altrimenti resterà sempre e soltanto una sterile contemplazione del proprio riflesso.</span><br />
<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-V2nEoWBDEKI/Umgj2-hvHTI/AAAAAAAAAKU/j9XXVYt553A/s1600/1391947_10202281309499182_1345236079_n.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-V2nEoWBDEKI/Umgj2-hvHTI/AAAAAAAAAKU/j9XXVYt553A/s1600/1391947_10202281309499182_1345236079_n.jpg" /></a></div>
</div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-16705844667245508672013-06-09T01:21:00.000+02:002013-06-09T01:31:23.363+02:00Che fine ha fatto la dignità?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-Gnfk_oh0QBE/UbL8Eu2gClI/AAAAAAAAAIg/2a42PaZRNWc/s1600/amore_materno-300x230.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-Gnfk_oh0QBE/UbL8Eu2gClI/AAAAAAAAAIg/2a42PaZRNWc/s1600/amore_materno-300x230.jpg" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">La sezione italiana del CIWF (Compassion in World Farming)</span></span><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;"> ha lanciato il 30 maggio scorso una campagna dal titolo "<a href="http://sonodegno.it/" target="_blank">Sonodegno</a>" al fine d</span>i richiamare l'attenzione dei consumatori<span style="font-size: normal;"> sulle orribili privazioni subite dagli animali da reddito - nello specifico i suini - all'interno degli allevamenti</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> intensivi, e con l'intento di denunciare "le inutili crudeltà a cui sono sottoposti a milioni ogni anno".</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Gli argomenti su cui si fa leva ruotano attorno al riconoscimento </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">di tali animali </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">quali esseri senzienti, dotati di una propria <i><span style="color: #666666;">individualità</span></i> e di una propria dignità intrinseca, e si articolano mediante l'istituzione di un parallelo con i cosiddetti "animali da affezione" e mediante la rivalutazione di alcune caratteristiche loro connaturate quali intelligenza, socievolezza ed istinto materno. </span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Riporto alcuni estratti dal sito della campagna:</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: small;"><i><span style="font-size: normal;">"</span><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Un maiale – cucciolo o adulto – non è diverso, dal punto
di vista dell’intelligenza e della capacità di sentire, da un cane o da
un gatto. La differenza è solo nello sguardo di chi lo osserva. Al pari degli animali da compagnia, anche quelli da allevamento sono
creature intelligenti e individui unici. Eppure, persino in aree del
mondo come la nostra che vantano una cultura cosiddetta evoluta, è
tollerato che milioni di animali siano trattati in una maniera in cui
non ci sogneremmo mai di trattare i nostri cani o i nostri gatti.</span><span style="font-size: normal;">"</span></i></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-size: normal;">E ancora: </span><i><span style="font-size: normal;"><br /></span></i></span><br />
<i><span style="font-size: small;">"</span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: small;">La scrofa è una madre amorevole. In natura, prima di partorire, cerca
materiali come foglie o rami per costruire un nido sicuro per i suoi
piccoli. Il suo istinto materno è così forte che lo prepara anche quando
dispone già di lettiera di paglia. [...] Prima di sdraiarsi esplora con
il muso tutto lo spazio circostante, per assicurarsi che non vi sia
nessuno dei suoi piccoli. Se per caso un cucciolo rimane sotto di lei,
al primo richiamo la scrofa si rialza immediatamente, e controlla che
non gli sia successo nulla.</span></i><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: small;">"</span></i></span></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">Mi risulta piuttosto difficile credere che nello sguardo di chi sostine che "<i>la differenza è solo nello sguardo di chi lo osserva</i>" non continui a riprodursi, di fatto, tale stessa differenziazione. E questo perchè il parallelo istituito con gli animali da affezione non ha affatto l'intento di disincentivare il consumatore esortandolo a non fare distinzioni e a riservare ai suini lo stesso identico trattamento riservato a cani e gatti; l'intento della campagna, in realtà, è quello, ancora una volta, di indirizzarlo verso un consumo consapevole, compassionevole e volto, paradossalmente, al rispetto della propria merce di consumo (vedasi la sezione dal titolo "Le alternative"</span></span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">). L'accento è posto sulla considerazione marginale che milioni di animali sono trattati in un modo in cui non ci sogneremmo mai di trattare il nostro cane e il nostro gatto, ma sorvola elegantemente sulla questione fondamentale, e cioè che in realtà non ci sogneremmo mai neanche di allevare il nostro cane o il nostro gatto a fini alimentari o per qualunque altro fine che non sia una convivenza basata sullo scambio tra due individui che vivono per se stessi e non l'uno come merce per i fini dell'altro.</span><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></i></span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">L'interessamento alle condizioni degli animali considerati <i>res </i>all'interno delle società umane è da considerarsi senza dubbio apprezzabile, salvo la contraddizione fin troppo manifesta su cui qualunque campagna welfarista si struttura. Il riferimento al "benessere" e alle cinque libertà di cui l'animale non umano avrebbe il diritto di godere è altamente incompatibile con il ruolo che egli stesso ricopre all'interno del sistema produttivo, ancor più nel momento in cui si fa esplicito riferimento alla sua <i style="color: #666666;">individualità</i>. Parlare di individualità, proponendo dunque la sostituzione della concezione dell'animale quale merce rinnovabile con una nuova concezione che tenga conto delle sue esigenze in quanto individuo unico, ha delle conseguenze enormi che non possono in alcun modo venire ignorate come di fatto ripetutamente accade. Si tratta, in primis, di stabilire se l'animale sia un oggetto o un individuo, e ciascuna delle due alternative comporta delle differenze sostanziali nel modo di pensarlo e di trattarlo. Un individuo non necessita di leggi per la regolamentarizzazione del suo sfruttamento, in quanto è la legittimità stessa dello sfruttamento a crollare dinnanzi alla sua incompatibilità con il riconoscimento dei diritti fondamentali dell'individuo. Un oggetto, se di un oggetto si tratta, può essere invece liberamente utilizzato e sfruttato a seconda di quanto le esigenze lo richiedano.</span></span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">La contraddizione insita nell'approccio welfarista e, nel caso specifico, nella campagna "Sonodegno", ricalca quella che è la grandissima contraddizione legislativa al riguardo della tutela degli animali. L'art. 544-bis del codice penale recita che "</span></span></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: small;"><i>Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni</i></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">", lì dove, in merito alla definizione di "crudeltà", la Corte di Cassazione stabilisce che "</span></span></span><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: small;">la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo
abbietto o futile. Rientrano nella fattispecie le condotte che si
rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità con atti concreti di crudeltà, ossia l'inflizione di gravi sofferenze fisiche senza giustificato motivo</span></i><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">". La norma nasce dall'esigenza "</span></span></span><span style="font-size: small;"><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">di tutelare
l'esistenza in vita di qualsiasi animale domestico, selvatico o
addomesticato, ponendolo al riparo da atti di crudeltà o non necessari</span></i></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">". Particolare attenzione merita la definizione del concetto di assenza di necessità, che per la Corte di Cassazione identifica, oltre alla legittima difesa, "</span></span></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: small;"><i>ogni altra situazione che induce
all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per evitare un pericolo
imminente o un danno giuridicamente apprezzabile</i></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">".</span></span></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Ora, alla luce del fatto che quello di necessità dovrebbe essere un concetto ben definibile, facilmente individuabile lì dove non esiste un'alternativa (nonostante poi gli venga attribuito un significato del tutto arbitrario) e alla luce del fatto che è stato ampiamente dimostrato che il consumo di animali e loro derivati NON è affatto necessario (divenendo quindi una questione di comodità, di gusto, e quindi uno tra i motivi più futili), la legge dovrebbe quanto meno rivedere le proprie formulazioni e prendere atto delle conseguenze che dette formulazioni comportano. É piuttosto deviante e ingannevole parlare di "benessere" e di norme contro il maltrattamento all'interno di un contesto che può in tutto e per tutto, in virtù dell'assenza di necessità, considerarsi esso stesso una forma di maltrattamento e - volendo essere ancora più precisi - la forma più alta di maltrattamento concepibile, in quanto privazione dell'individuo del diritto fondamentale alla vita. Campagne volte alla promozione del benessere degli animali da reddito, nonostante dichiarino di avere seriamente a cuore la cura dell'animale non umano, non tengono in realtà minimamente conto di una possibile alternativa; se l'obiettivo fosse quello di essere realmente compassionevoli, probabilmente si orienterebbero verso la promozione di una concezione nuova, volta seriamente al riconoscimento della sua individualità e all'abbandono, semmai graduale, di una visione che lo condanna ad oggetto di proprietà di cui disporre. Ma l'obiettivo, fin troppo visibile, non è affatto "essere" </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">compassionevoli</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">, bensì "mostrarsi" tali, al fine di tacitare il senso di colpa del consumatore - che tra l'altro si deresponsabilizza ulteriormente imputando la colpa delle sofferenze all'allevatore "cattivo" - e di continuare a promuovere il consumo di "prodotti animali" (che nel frattempo, per loro bocca, sono diventati paradossalmente individui), assicurandosi che non vi sia un calo dovuto all'emergere di una nuova consapevolezza. Già il ricorso al concetto di compassione dovrebbe quanto meno renderci scettici: l'animale non umano non è un nostro pari, con uguali dignità e diritti, ma qualcuno (o qualcosa) da guardare dall'alto al basso, a cui si può scegliere di riservare un trattamento tutto sommato migliore e a cui rivolgere un pensiero mentre facciamo la spesa, informandoci magari di quale sia stata la sua storia prima di finire a pezzi nel nostro carrello.</span></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">É d'obbligo, inoltre, precisare quanto un tale approccio non solo sia inaccettabile da un punto di vista etico per gli evidenti motivi di cui sopra, ma anche incurante della sua irrealizzabilità da un punto di vista pratico. In un mondo sempre più in crisi a causa dello scarseggiare delle risorse e in cui una particolare attenzione è rivolta alla questione della sostenibilità, si rende necessario riflettere un attimo e focalizzarsi sul perchè della nascita dell'allevamento intensivo. Questo tipo di allevamento nasce da un'esigenza di ottimizzazione delle risorse, concepito in maniera tale da fornire una risposta adeguata e funzionale alla crescente richiesta del mercato. La logica che lo guida è la massima quantità di prodotto al minimo costo e utilizzando il minimo spazio. L'allevamento intensivo, e con esso le privazioni che gli animali in quanto prodotti sono costretti a subire, è l'inevitabile conseguenza di una</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> richiesta</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> elevata. Orientare tale richiesta verso altre forme di produzione, senza portare avanti un serio impegno che miri alla disincentivazione, è inattuabile in termini pratici e di profitto, salvo trasformare il "rispettoso" allevamento biologico - in cui comunque non mi risulta che gli animali si intrattengano spontaneamente e che muoiano di morte naturale come per un individuo ci si potrebbe auspicare - nel nuovo allevamento intensivo del futuro, destinato a mutarsi per far fronte ad una richiesta non più ristretta ma su scala globale.</span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">Le immense contraddizioni insite in tale approccio poggiano sempre su di una visione dell'animale non umano che non riesce a collocarsi in un punto ben preciso, destinata a permanere in un limbo in cui, volontariamente e funzionalmente, individualità e mercificazione si sovrappongono e confondono fino a creare un tutt'uno indistinto in cui non esistono diversificazioni di sorta. </span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">É</span></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"> importante, invece, esigere una risposta chiara, nonchè il riconoscimento e l'applicazione di ciò che consegue <span style="font-family: Verdana,sans-serif;">a tale risposta: </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">se l'animale non umano è un oggetto, come tali campagne lasciano ancora supporre invitando il consumatore a non abbandonarne l'uso (che sia compassionevole o meno è davvero cosa di poco conto), il suo utilizzo a livello intensivo è pienamente giustificato, proprio in quanto oggetto di proprietà da sfruttare a seconda delle esigenze di chi lo detiene appositamente a tal fine; il perseguimento del suo benessere in quanto merce non potrà mai tramutarsi in un sacrificio della logica del profitto e delle esigenze - se pur futili - del consumatore umano. Se invece gli si attribuisce lo status ontologico di individuo, come tuttavia "Sonodegno" sembra voler fare, dovrebbe essere il concetto di proprietà stesso a crollare, e con esso quello della legittimità delle pratiche non solo di sfruttamento, ma anche di utilizzo; appare evidente, allora, come l'allevamento biologico cessi seduta stante di configurarsi come un'alternativa possibile.</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> </span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Ricapitolando. "Sonodegno". </span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Sono degno di cosa, esattamente? </span></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Senza ombra di dubbio c'è un estremo bisogno di campagne; ma non di campagne rivolte al riconoscimento della dignità dei suini o di qualsiasi altro animale da reddito, bensì intente nell'accurata ed incessante ricerca del significato ormai perduto del concetto </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">stesso </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">di dignità. </span></span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-55648148013848990172013-05-07T12:33:00.001+02:002013-05-07T12:53:17.072+02:00Cosa significa essere "umani"?<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-Ygugtmihyoc/UYjCJ7KoEdI/AAAAAAAAAII/vQZIbhkda8U/s1600/MindPrison1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-Ygugtmihyoc/UYjCJ7KoEdI/AAAAAAAAAII/vQZIbhkda8U/s320/MindPrison1.jpg" width="252" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<div style="font-family: Verdana,sans-serif;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">Con tale domanda non mi riferisco ovviamente all'appartenenza di specie.</span></span></div>
<div style="font-family: Verdana,sans-serif;">
<br /></div>
<div style="font-family: Verdana,sans-serif;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">Ho avuto modo in questi ultimi giorni di soffermarmi a riflettere a lungo su espressioni di uso comune, colta da un senso di inspiegabile fastidio a pelle che mi ha spinto a cercare razionalmente un modo per renderlo un pò meno inspiegabile, a concretizzarlo e a formulare in maniera chiara la reale motivazione che desse un senso al suo scaturire.</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">Sento molto spesso, tra chi difende gli animali dalle nefandezze dell'uomo, espressioni quali "<i style="color: #444444;">non siamo degni di considerarci esseri umani</i>" o "<i><span style="color: #444444;">in realtà di umano non abbiamo proprio nulla</span></i>".</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">La domanda da porsi dinnanzi a tali espressioni non è affatto se effettivamente possediamo quelle caratteristiche che ci consentono a pieno titolo di definirci "<i style="color: #444444;">umani</i>", cosa che non sarebbe giusto negare; la vera domanda da porsi è quale significato attribuiamo in realtà all'aggettivo "<i style="color: #444444;">umano</i>" e al sostantivo "<i><span style="color: #444444;">umanità</span></i>".</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">"<i style="color: #444444;">Umano</i>" quale sinonimo di magnanimo, buono, caritatevole; "<i><span style="color: #444444;">umanità</span></i>" quale sinonimo di sensibilità, indulgenza, solidarietà.</span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;">L'animale umano ha sentito il bisogno di espellere al di fuori di sè qualunque caratteristica negativa, si è rifiutato di accostare alla sua natura qualunque termine potesse esprimere disposizioni non ammirevoli di cui anche egli, e a volte <i>solo</i> egli, è portatore e rappresentante, e si è innalzato al di sopra di tutto instituendo una contrapposizione, relegando quelli che sono i <i style="color: #444444;"><span style="color: black;">suoi</span> </i><span style="color: black;">atti malvagi e deplorevoli nella sfera della "<i style="color: #444444;">bestialità</i>". Chi ha la pretesa di definirsi "<i style="color: #444444;">umano</i>" non può contenere in sè vizi e difetti che nella maggior parte dei casi sono peculiari proprio della specie umana; </span></span></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;">chi ha la pretesa di definirsi "<i style="color: #444444;">umano</i>"</span></span></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;"> non può rendersi artefice di azioni nefaste di cui molto spesso l'animale umano, data la sua razionalità, è l'unico artefice.</span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;"><br /></span></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;">Ha trasformato il sostantivo neutrale che indica la sua semplice appartenenza di specie nella definizione di quell'insieme di qualità che ha desiderato attribuirsi, rimproverando a se stesso, nel momento in cui se ne scopre privo, di non meritare di definirsi parte di un cerchio che egli stesso, attraverso un colossale inganno, ha semanticamente ed ideologicamente delimitato.</span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;"><br /></span></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;">Non è questa un'ulteriore gabbia all'interno della quale siamo rinchiusi? Non è questa un'ulteriore forma di violenza? Un'ulteriore forma di egoistica sopraffazione e di autocelebrazione?</span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;"><br /></span></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="color: black;">Non si può essere degni o non degni di considerarsi o definirsi "<i style="color: #444444;">umani</i>". Non se scendiamo dal piedistallo e ci mettiamo in testa che la definizione "<i style="color: #444444;">umano</i>" non ha senso se non nella misura che, in preda ad un razionale delirio antropocentrico, gli abbiamo voluto arbitariamente attribuire.</span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></span></div>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif; font-size: normal;"><br /></span></span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-23309668842921170002013-04-28T01:18:00.002+02:002013-05-03T23:13:34.115+02:00Sperimentazione animale - La "ragionevolezza" delle argomentazioni in favore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-SmzUZKID3I4/UXw8DKgm_sI/AAAAAAAAAHU/6MvFyOcjG3U/s1600/laboratory_mouse.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="226" src="http://4.bp.blogspot.com/-SmzUZKID3I4/UXw8DKgm_sI/AAAAAAAAAHU/6MvFyOcjG3U/s320/laboratory_mouse.jpg" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Probabilmente mi
pioveranno addosso molte critiche, ma chi ha avuto modo di conoscermi conosce anche il
mio punto di vista, le mie idee e il mio sentire, radicalmente contrario a qualunque
forma di sopraffazione del più debole e a qualunque abuso nei confronti
di creature innocenti. </span></span><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono un'appassionata sostenitrice dell'antivivisezionismo etico, una di quelle che tentano di fare un uso limitato se non nullo del cosiddetto antivivisezionismo scientifico. Mi si potrà certo contestare di non avere un senso pragmatico, di guardare con diffidenza a delle strategie che possono sicuramente rivelarsi più proficue nell'immediato e che possono significare materialmente, per gli animali non umani chiusi nei laboratori, la fine della loro detenzione e della loro <i><span style="color: #666666;">ingiustificata</span></i> sofferenza. Ma le polemiche e le reazioni scatenate in questi ultimi giorni dai cinque attivisti che hanno occupato il laboratorio universitario di Milano mi hanno dato modo di continuare a credere, forse erroneamente, che portare avanti un discorso dal punto di vista puramente etico rimanga, se non l'unico modo, almeno quello più efficace per scardinare una cultura che si basa sulla tortura e sulla manipolazione di altre vite senzienti. Anche se, mi rendo conto, si tratta di un discorso che ha presa minore, che fatica ad entrare nella mente e nella coscienza dell'essere umano che fa mostra, ancora una volta, della sua natura egoistica e volta ad accogliere maggiormente istanze che non lo privino del ruolo di protagonista.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ho fatto volontariamente riferimento ad una sofferenza <i><span style="color: #666666;">ingiustificata</span></i>, e non ad una sofferenza <i style="color: #666666;">inutile</i>. Il dibattito è sempre più incentrato sull'utilità/inutilità della pratica. Mi verrebbe da dire trascendendo il concetto fondamentale, e cioè quello della sua illegittimità, che è esattamente quello che vorremmo far penetrare. Semplicemente, lasciamo la vittima della tortura sullo sfondo, e passiamo a questionare "tra di noi" (vale a dire tra animali umani a favore e contro la sperimentazione) la validità di una pratica scientifica. Così come potremmo dibattere di qualunque cosa su cui, semplicemente, non ci troviamo in accordo. Viene quasi da pensare che in una sottile sfumatura le due opposte fazioni siano unite, che portino avanti lo stesso discorso: la dignità dell'animale non umano non è equiparabile alla dignità dell'animale umano. E a dimostrazione di ciò il discorso verte su altro, su ciò che può arrecare vantaggio o svantaggio alla vita dell'animale umano.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Se proviamo per un attimo a non affrettarci a tacciare di irragionevolezza le argomentazioni di coloro che difendono la sperimentazione animale, potremmo accorgerci che tali argomentazioni, in realtà, non sono affatto irragionevoli. Mi spiego meglio: io sono la prima a parlare di irragionevolezza, ma ritengo che questa connotazione vada attribuita non tanto alle argomentazioni, quanto al punto di vista da cui tali argomentazioni scaturiscono. I ricercatori non nascondono affatto di attribuire alla vita di un topo un valore "inferiore" rispetto a quello che attribuiscono alla vita di un essere umano. Partendo da questo presupposto, è ovvio che credano nella legittimità del loro lavoro e che sostengano a spada tratta i benefici che possono derivare, per una specie, dal sacrificio di altre specie. Ed è altrettanto ovvio che il discorso proceda su dei binari paralleli, che non hanno modo di incontrarsi. </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Se provo a mettermi nella testa di un ricercatore e ad assumere il suo punto di vista, e soprattutto, se provo per un attimo a far finta che anche per me la vita di un animale non umano non sia equiparabile a quella di un animale umano, non vedo alcuna irragionevolezza nel parlare dell'utilità del modello della sperimentazione animale. Un esempio stupido: ho una sostanza potenzialmente ustionante e ho di fronte un essere umano e un oggetto (perchè l'animale è considerato alla stregua di un oggetto); la logica mi impone di provarla sull'oggetto per vedere almeno nell'immediato l'effetto che ha. Potrebbe non averne alcuno sull'oggetto, ma poi averne sull'essere umano, così come potrebbe averne direttamente sull'oggetto, e a quel punto avrò evitato che quell'effetto si verificasse sull'essere umano. Si tratta di prove, che hanno anche e certamente possibilità di errore, ma da cui qualcosa di <i style="color: #666666;">utile</i> può certamente venir fuori.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non a caso, nel dibattito sull'utilità/inutilità del modello animale, i ricercatori e i loro sostenitori hanno sempre mille risorse a cui poter ricorrere; risorse che iniziano a mancare nel momento in cui la domanda verte su quali siano poi in realtà le motivazioni, scientifiche o non, del ritenere la vita animale non dignitosa quanto quella umana, e su quali siano i criteri in base ai quali risulti plausibile lasciarla all'esterno del cerchio di qualunque considerazione morale.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La ricerca scientifica non esula dalla morale, e i suoi stessi protagonisti affermano di far ricorso al modello animale a causa dell'<i style="color: #666666;">impossibilità</i> di avere a disposizione un modello umano su cui attuare le stesse tipologie di esperimenti. Di che impossibilità si tratta, se non di tipo morale?</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Ne consegue che, per far rientrare anche l'animale non umano all'interno della sfera morale che decreti l'impossibilità di farne uso, bisogna prima scardinare l'assunto </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">(irragionevole)</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"> da cui parte qualunque tipo di (logica) argomentazione, vale a dire l'equiparazione dell'animale ad un oggetto. E questo non è possibile concentrandosi sull'utilità/inutilità della pratica, lasciandolo quindi ancora una volta sullo sfondo esattamente alla stregua di un oggetto e facendosi inconsapevolmente complici dello stesso punto di vista di chi lo ritiene tale.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Un discorso di tipo etico invece, al contrario di un discorso di tipo scientifico, oltre ad essere la freccia che mira direttamente al bersaglio che intendiamo colpire senza girarci troppo intorno, porta i ricercatori a chiudersi nell'impossibilità di dare una risposta plausibile che possa legittimare l'assunto da cui partono, e li spinge, in mancanza di argomentazioni valide in merito, a deviare miseramente la direzione del discorso verso lidi per loro più sicuri, o a dare risposte non pertinenti che indicano la deliberata volontà di non partecipare onestamente al dibattito, ignorando del tutto le istanze, le domande e le argomentazioni di chi hanno di fronte. Vacillano, si irrigidiscono, si nascondono dietro posizioni molto simili agli assunti universali tipici della religione che essi stessi deridono e disprezzano. La superiorità della vita umana rispetto a quella animale la si può sostenere ciecamente soltanto da un punto di vista religioso, che non è certo il loro. Dunque, la verità è che una domanda di tipo etico è forse l'unica in grado di far cadere questi ragionevoli individui e le loro ragionevoli argomentazioni in una permanente contraddizione.</span></span></div>
</div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-68195564689958038422013-04-06T14:35:00.000+02:002013-04-06T21:31:28.858+02:00"Che ci fa una tigre al centro di Roma?"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="http://2.bp.blogspot.com/-LI-be7YiGK0/UV_4cCGTB9I/AAAAAAAAAEI/x6v_LRURLc4/s1600/Tiger_in_a_Cage_1_by_secondclaw.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="221" src="http://2.bp.blogspot.com/-LI-be7YiGK0/UV_4cCGTB9I/AAAAAAAAAEI/x6v_LRURLc4/s320/Tiger_in_a_Cage_1_by_secondclaw.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
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<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Dovremmo ricominciare a chiedercelo.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Vediamo continuamente animali posti dietro le sbarre, umiliati, strappati al loro ambiente naturale ed incarcerati affichè ci sia data la possibilità di ammirarli per il nostro intrattenimento, per il nostro diletto. Per permettere ai nostri figli di conoscerli, di prendere contatto con loro, cementificati nella deviata convinzione che ciò possa portare ad amarli, a rispettarli.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Siamo così abituati a considerare gli esseri di altre specie delle nostre proprietà, e a trasmettere, attraverso la nostra indifferenza, questa stessa concezione ai nostri figli, tanto da non renderci conto dell'evidente tristezza dello spettacolo che ci si profila davanti. Incrociamo lo sguardo spento di una tigre che ci fissa, gli occhi negli occhi, da dietro le sbarre, e sorridiamo, ce ne compiaciamo, invece che scoppiare in lacrime. Siamo sordi al suo linguaggio, al suo disagio, a quei ruggiti tuonanti che ci attraggono e spaventano, che altro non sono che un disperato grido di dolore, di rabbia e di sconforto.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">La guardiamo, la ascoltiamo, ma non vediamo e sentiamo nulla, nulla di ciò che dovremmo immediatamente vedere e sentire.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Leggere, studiare, documentarsi... sono tutte cose importanti, ma non potranno mai insegnare ciò che insegnano le proprie emozioni. E le mie emozioni mi insegnano che, spesso, sono le domande più semplici, se vogliamo anche le più banali, a permetterci di ricominciare a riflettere, a riprendere contatto con l'evidenza dei fatti e con la profondità di noi stessi, senza perderci in mille costruzioni logiche e in mille discorsi artefatti che purtroppo, in un sistema kafkiano come il nostro,</span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> in cui l'assurdo è la norma e la normalità è ciò che di più ridicolo possa esistere, sembrano non essere in grado di accendere il più piccolo barlume di ragionevolezza.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">"Che ci fa una tigre al centro di Roma?" Questa frase al megafono è stata come uno schiaffo. Eppure io ero lì, ero lì a presidiare contro il circo, e non per assistere ad uno spettacolo. Ero lì per far riflettere, per trasmettere il messaggio che non può esserci nulla di divertente nel vedere un animale in gabbia privato della sua libertà, che non può esserci nulla di educativo nell'insegnare ad un bambino a considerare gli animali come delle proprietà da ammirare da dietro le sbarre, nell'insegnargli che è normale, normale sborsare dei soldi per comprare un biglietto; per comprare la vita e la dignità stesse di individui come lui.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Ero lì per far riflettere, e sono andata via riflettendo.</span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Quelle domande che non ci facciamo e che non rivolgiamo </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">mai ad altri, proprio perchè fin troppo semplici e scontate, proprio perchè convinti di sapere già molto di più e di saperlo spiegare molto meglio, sono quelle che hanno il potenziale più devastante. Perchè sono dirette, vanno alla radice senza perdersi nei labirinti sovrastanti in cui è sempre troppo facile trovare un appiglio o svoltare all'ultimo per riuscire a nascondersi. Perchè, davanti ad esse, sperimentiamo l'inevitabile crollo di tutto ciò che abbiamo costruito intorno e all'interno di noi stessi. Assistiamo alla totale incapacità di rispondere e di risponderci, di opporre una qualunque obiezione. Possiamo articolare discorsi complessi, possiamo cercare di spiegare attraverso milioni di parole concetti che non dovrebbero aver bisogno di essere spiegati e resi evidenti, così come possiamo fare lo stesso per il motivo opposto, per giustificare qualcosa che in nessun caso può essere giustificato; ma nulla varrà mai quanto quell'attimo di silenzio che segue ad una semplice domanda che disarma.</span></span></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">E allora chiediamo e chiediamoci: </span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">"Che ci fa una tigre al centro di Roma?"</span></span></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Non esiste risposta che non appaia stupida o insensata. </span></span></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-HXrMXyrpkdg/UWAVjXaQ4BI/AAAAAAAAAEc/nyhv3LEy4zc/s1600/392778_327510460685154_1352885129_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"></a><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> </span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><br /></span></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;">
<br /></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-77504498241764373972013-03-31T21:26:00.002+02:002013-04-08T14:09:28.064+02:00Fino alla fine<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://1.bp.blogspot.com/-8P-NYNTtVxk/UVhW0BHys-I/AAAAAAAAAD0/qSyiQJNzzyI/s1600/cow_calf470_470x3001012605358.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="204" src="http://1.bp.blogspot.com/-8P-NYNTtVxk/UVhW0BHys-I/AAAAAAAAAD0/qSyiQJNzzyI/s320/cow_calf470_470x3001012605358.png" width="320" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Per tutta la vita, il mio cuore sarà sempre al fianco degli animali da reddito, i veri reietti della società, coloro posti sullo scalino più basso anche nella scala morale di chi si ripropone di rispettarli e riscattarli. Coloro che appare inconsapevolmente più accettabile sfruttare proprio perchè sfruttati. </span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">La stragrande maggioranza degli animali che difendiamo gode della nostra totale capacità di riconoscerli in quanto individui, grazie alla mancanza di un processo di astrazione che ci porta ad identificarli con una massa indistinta a cui sono attribuiti esclusivamente dei numeri. Sono animali che vivono per se stessi, non sfruttati, a cui la nostra mente è abituata ad attribuire un più alto valore intrinseco ed una più profonda dignità; animali domestici come cani e gatti, o animali selvatici quali volpi e grandi predatori, di cui affermiamo i diritti a gran voce senza alcun compromesso e senza mai passare nelle file di coloro da cui cerchiamo di difenderli; per i quali non rischiamo mai di macchiarci delle stesse colpe di cui ci macchiamo nei confronti di coloro che con maggiore facilità accettiamo di usare per un nostro beneficio. Solo l'idea di poterlo fare, o una tale insinuazione da parte di terzi, ci offenderebbe profondamente. Ma accettiamo e siamo in grado di trovare una giustificazione al fatto di commettere gli stessi atti e le stesse ingiustizie nei confronti di altre specie (e quali esse siano non è affatto un caso), senza sentirci offesi da noi stessi. Non ci appare dopo tutto così inconcepibile, non ce ne sentiamo indignati, non la percepiamo come una terribile offesa nei confronti del nostro animo, perchè di fatto, al nostro animo, appare maggiormente legittimo. Come se dovessimo privarci di qualcosa di nostro e di dovuto per far loro del bene, invece che sentire il loro utilizzo come un qualcosa che non ci spetta. Come se, nel rispettarli come faremmo con noi stessi, facessimo svogliatamente uno sforzo abnorme di cui lamentarci in continuazione e di cui rimarcare il peso dovuto alle nostre privazioni, invece che farlo silenziosamente con la gioia nel cuore, felici di fare nè piu nè meno di ciò che con il cuore ci sentiamo di fare e che sappiamo essere giusto fare.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Siamo stati noi ad arrogarci un diritto, e non possiamo perdere un diritto che, in fondo, non ci è mai appartenuto.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Se c'è una cosa fondamentale che ho imparato, è che non sfruttiamo gli animali perchè li riteniamo inferiori, come pensavo fino a poco tempo fa; <i><span style="color: #666666;">li consideriamo inferiori proprio perchè li sfruttiamo</span></i>. E su questo dovremmo riflettere tutti, gurdarci dentro per scoprire sulle nostre stesse emozioni e sensazioni il significato di questa profonda verità. </span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Da questo nasce l'inconsapevole diversa considerazione in cui releghiamo quei reietti che sono gli animali da reddito, che ci rende così facile lottare per la risoluzione di un problema mentre scivoliamo di continuo, al tempo stesso, nella condizione di chi se ne rende parte e causa in prima persona.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono coloro i cui panni non riusciremmo mai neanche lontanamente ad immaginare di indossare, per quanto possiamo sforzarci di farlo. Siamo solo in grado di giustificare il loro utilizzo mediante le nostre necessità, senza renderci conto di quanto le nostre giustificazioni possano apparire assurde ed inconsistenti nel constatare che, in nessuna situazione, saremmo mai disposti a fare il cambio. La verità è che dovremmo vergognarci anche solo di presentare motivazioni che possano suonare plausibili; lungi dal farci scudo di una valida motivazione che possa glorificare il nostro agire, dovremmo vergognarci anche solo di pensare che una qualsiasi motivazione possa essere addotta.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><br /></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Mi piacerebbe con tutto il cuore sapere una cosa. E si tratta di una domanda seria, per quanto invece possa sembrare retorica: cos'è, in realtà, lo sfruttamento animale? Questo orrore abietto che ci ripugna e contro cui ci battiamo... che cos'è? È davvero un concetto astratto, così lontano e diverso dalla sua pratica, dalle motivazioni di questa pratica e dai suoi frutti?</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Non esiste alcun concetto astratto di tale sfruttamento, per quanto sia facile e consueto separare i due piani. È al contrario qualcosa di tangibile: è il suo stesso prodotto. È ciò che stringiamo fra le mani. Non esiste sfruttamento se non per ottenere un prodotto, sia esso carne, pelle, latte, formaggio, uova, lana o seta. Eppure la mente umana funziona in maniera tale da udire l'espressione "sfruttamento animale" e rabbrividire, sentendo crescere dentro di sè la ferma convinzione di non poter in nessun modo prenderne parte, e da vedere la forma tangibile di tale sfruttamento, quel prodotto che non è altro che lo sfruttamento stesso, senza rintracciarvi nulla di chè, senza percepirlo come un qualcosa di negativo, di offensivo. Senza provare indignazione. Senza accorgersi che quello che ha di fronte è, nella sua fisicità, quella stessa abiezione che la fa raccapricciare, quello stesso concetto astratto contro cui si schiera idealmente, senza mai vederlo davvero.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><br /></span></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Fino a che avrò vita e mi occuperò di qualunque animale in difficoltà o trattato ingiustamente, non mi vergogno a dire che gli sforzi più sentiti saranno quelli compiuti per gli animali da reddito. Sono molti quelli che, per loro, non chiedono nulla, e non lo fanno perchè chiedere qualcosa per loro è impensabile e sentito come assurdo dai destinatari di quelle richieste. Non c'è nulla a cui appigliarsi: la loro condizione è istituzionalizzata, il loro massacro è la norma. Non si chiede nulla, perchè non c'è nessuno che possa e che voglia ascoltare. E allora si rinuncia. Si chiede (giustamente) qualcosa per coloro che hanno già un diffuso riconoscimento dei loro diritti, perchè le richieste in tal senso appaiono maggiormente legittime, e perchè un più consistente numero di persone si sente partecipe e si aggrega spontaneamente alla rivendicazione, non essendo nella condizione di chi è parte del problema. Ma loro.. loro che hanno maggiormente bisogno di noi, quei veri reietti della cui condizione non possiamo neanche avere una vaghissima idea, restano nuovamente in coda. La loro realtà, che è quella che ha più bisogno di essere messa in discussione affinchè quelle richieste smettano pian piano di apparire così assurde, resta ancora una volta indiscussa.</span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">Ma non è esattamente questa messa in discussione lo scopo che ci siamo prefissi? Non dovremmo chiedere e chiedere, battere proprio su di loro, fino a che il divario non si restringa, fino a che tali richieste smettano di essere sentite come isolate follie e inizino finalmente ad acquistare legittimità?</span></span></span><br />
<br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">Fino alla fine dei miei giorni, sarò schierata dalla parte degli animali da reddito. Perchè conducono la loro vita senza chiedere e avere nulla, perchè non sono loro a privare noi di qualcosa, ma noi a derubare loro di tutto e della loro stessa essenza di individui. Perchè, a differenza degli altri animali, hanno bisogno di essere difesi e protetti da tutti; non solo da cacciatori, bracconieri, commercianti e potenti senza scrupoli, ma anche dalla stragrande maggioranza della gente comune e, troppo spesso, anche dagli animalisti stessi.</span></span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;"><br /></span></span></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">Fatevi cadere il velo dagli occhi, toglietegli di dosso quell'etichetta di soggetti sfruttati, fatevi crescere dentro quella consapevolezza, quell'indignazione, che vi impedisce di essere parte del problema. Guardate, e comprendete, fate sì che il vostro comprendere diventi </span></span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">realmente </span></span></span><span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">quel punto di non ritorno.</span></span></span><br />
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;"><br /></span></span></span>
<span style="font-size: normal;"><span style="font-family: Verdana, sans-serif;"><span style="font-size: normal;">Lasciateli stare. Se è per un vostro bisogno che vi capita di pensarci... dimenticatevi che esistono. Ve lo chiedo con tutto il cuore.</span></span></span><br />
<br />
<br />
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<br /></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-47450168204460368522013-03-27T12:35:00.000+01:002013-03-27T12:37:49.171+01:00E.. vabbè... ma.. che c'entra???<div style="font-family: Verdana,sans-serif; text-align: justify;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-7OZlBCqymb8/UVLDZwbVf4I/AAAAAAAAAC8/BZL8mr8fL1s/s1600/Immagine.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://2.bp.blogspot.com/-7OZlBCqymb8/UVLDZwbVf4I/AAAAAAAAAC8/BZL8mr8fL1s/s320/Immagine.png" width="320" /></a><span style="font-size: small;"><span class="userContent">"Ritieni che le donne vadano rispettate?" <span style="color: #666666;">"Certo che si!"</span><br /> "Le stupri?" <span style="color: #666666;">" M</span><span class="text_exposed_show"><span style="color: #666666;">a no!"</span><br /> "E perchè no?" <span style="color: #666666;">"Proprio perchè le rispetto!"</span><br /> <br /> "Ritieni che i bambini vadano amati?" <span style="color: #666666;">"Certo!"</span><br /> "Li molesti?" <span style="color: #666666;">"Ma cosa ti viene in mente? Assolutamente no!"</span><br /> "E perchè no?" <span style="color: #666666;">"Perchè è ovvio! Se li amo non li molesto e odio chi lo fa!"</span><br /> <br />
"Ritieni che gli animali vadano rispettati e abbiano i nostri stessi
diritti?" <span style="color: #666666;">"Certo, loro non sono al nostro servizio, è atroce la sorte
che l'uomo ha destinato loro ed è profondamente ingiusto, tutto questo
non dovrebbe esistere!"</span><br /> "Li mangi o prendi parte al loro sfruttamento?" </span></span></span></div>
<div style="font-family: Verdana,sans-serif; text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="color: #666666; font-family: Verdana,sans-serif; text-align: justify;">
<u><span style="font-size: small;"><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">"E.. vabbè... ma.. che c'entra???"</span></span></span></u><br />
<br />
<br />
<span style="color: black;">I meccanismi di questo dialogo immaginario, che fin troppo spesso, se non sempre, vediamo agire nella mente dei nostri interlocutori, sia che essi siano persone prive di qualunque sensibilità nei confronti degli animali ma anche, per contro, loro amanti, o addirittura attivisti</span> <span style="color: black;">animalisti che si indignano profondamente per le ingiustizie commesse nei loro confronti e che ogni giorno si battono per mettervi fine, ci forniscono una tangibile evidenza di quanto la società in cui viviamo provochi in noi un'alienazione, uno sfalsamento di livelli ed una distorsione nella percezione che ci porta a fallire miseramente nell'obiettivo di ricongiungere i piani e di riuscire a cogliere, mettendo più sensazioni a confronto, quella componente grottesca e priva di senso che attraversa molti di quegli assunti presentati e sentiti come quanto di più ragionevole possa essere concepito.</span><br />
<span style="color: black;">La nostra cultura ci insegna che è possibile amare gli animali e al tempo stesso sfruttarli, ucciderli, rendersi complici di una mentalità che li considera oggetti e che li priva della loro dignità. E noi la accogliamo, senza notare il benchè minimo contrasto, come fosse ragionevolmente possibile. Le due cose restano separate, senza che l'una escluda l'altra. Questo salvagente fa si che chiunque possa sentirsi confortato abbastanza nel declinare le proprie responsabilità, e percepire come un'intransigente esagerazione la logica, e questa volta davvero ragionevole, esclusione di una delle due affermazioni. </span><br />
<span style="color: black;"><br /></span>
<span style="color: black;">Se mettiamo a confronto le varie domande e le varie risposte del nostro dialogo immaginario, ci accorgiamo con estrema evidenza di quanto non siano i fatti ad essere differenti, ma la nostra percezione di essi, le nostre sensazioni riguardo ad essi. E la nostra percezione è diversa perchè, inconsapevolmente, diversa è la nostra considerazione del soggetto che prendiamo in esame. Ce lo ha insegnato una cultura (o società, o sistema) in cui siamo immersi e che abbiamo interiorizzato nostro malgrado, e abbiamo imparato a valutare la gravità o non gravità di una pratica, o la rilevanza o non rilevanza del prenderne parte (sempre od accasionalmente) in base ai dettami di questa cultura. Anche quando siamo fortemente convinti di rifiutarla o di averlo già fatto. Questo mi ha indotto più volte, nel corso delle mie analisi, a trarre la negativa e sconfortante conclusione che nell'essere umano non sia tanto una morale individuale a prevalere, quanto una "morale sociale".</span><br />
<br />
<span style="color: black;">Urge la necessità, prima ancora di combattere la realtà dello sfruttamento animale, di combattere all'interno di noi stessi quelle strutture di pensiero indotte che hanno offuscato e sfalsato la nostra genuina capacità di riflettere, di cogliere le evidenze, di sentire e di stabilire connessioni. Strutture di pensiero che rendono quello sfruttamento possibile, e che rendono possibile il nostro prenderne parte, lasciandoci, nonostante ciò, al sicuro nella confortante percezione che questo possa andare d'accordo con il significato di parole quali "amore" e "rispetto". </span><br />
<span style="color: black;">Forse, </span><span style="color: black;">prima ancora di lottare, </span><span style="color: black;">urge la necessità di capire contro cosa e per cosa, in realtà, stiamo lottando.</span><br />
<span style="color: black;"><br /></span>
<span style="color: black;"><br /></span>
<span style="color: black;"><br /></span>
<span style="color: black;"><br /></span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-81867952728515808382013-02-17T19:03:00.000+01:002013-02-17T19:03:50.615+01:00La bisnonna di Rosita. Il paradosso che si svela.<div style="text-align: justify;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-cKoQCX0IabQ/USEZ1ji6IjI/AAAAAAAAACs/uNch7G0BIe4/s1600/Bisnonna-Rosita-Mulino-Bianco-2012-Banderas.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="189" src="http://2.bp.blogspot.com/-cKoQCX0IabQ/USEZ1ji6IjI/AAAAAAAAACs/uNch7G0BIe4/s320/Bisnonna-Rosita-Mulino-Bianco-2012-Banderas.png" width="320" /></a><span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Una sera, a tavola, mi è capitato di imbattermi in <a href="http://www.youtube.com/watch?v=87QRvqYcEeE" title="Mulino Bianco. La bisnonna di Rosita.">questa</a>
rassicurante quanto “curiosa” pubblicità. Nulla di raccapricciante;
un’innocua pubblicità della Mulino Bianco, come tante di quelle che
siamo abituati a vedere e costretti a sorbirci con un sarcastico sorriso
sulle labbra – essendo ormai stanchi di questa fin troppo manifesta
ipocrisia – di cui il tema del benessere degli animali, tanto in voga
negli ultimi tempi in questa società perbenista e scrupolosamente
attenta ai diritti del prossimo, sembra essere la colonna portante. Di
fatto lo è. Ma analizziamola attentamente.<br />
Due bambini, con una bianca gallina alle spalle di nome Rosita e con in
mano un ritratto della sua bisnonna, si rivolgono alla loro cara amica
ovaiola discorrendo di quanto la sua defunta antenata sarebbe felice di
saperla non rinchiusa all’interno di una gabbia. Il tutto accompagnato
da sorrisi compiaciuti e da ampie risate di genuina felicità e
soddisfazione. La pubblicità termina con un primo piano del payoff
“Mulino Bianco. Un mondo buono”, a seguito della precisazione che la
suddetta casa utilizza solo uova provenienti da galline allevate a
terra. Io, personalmente, sono stanca di assistere allo spettacolo di
una realtà deformata, e deformata non solo perché anche gli allevamenti a
terra non sono poi quei paradisi ovaioli che tutti vorrebbero far
credere. La realtà è deformata e altamente paradossale per dei motivi
che a mio avviso si trovano a monte, ma forse meno facilmente
individuabili, soprattutto da chi, spettatore, accetta quella distorta
realtà dei fatti con il classico velo di abitudine che ha reso opaco il
suo sguardo – e lo sguardo di un’intera collettività – sin dalla
nascita. Basti pensare a quanti, magari anche sostenitori dei diritti
degli animali, di fronte a tale pubblicità sorriderebbero rincuorati
andando fieri della Mulino Bianco, senza rendersi conto di qual è il
vero messaggio che alla fine, spogliato della prima sensazione di
sollievo e approvazione nei confronti di un diritto giustamente
riconosciuto, rimane lì inceppato a stridere. O per lo meno dovrebbe. Si
tratta dell’ennesima conferma di quanto le situazioni vengano esposte e
recepite in base a dei parametri sfalsati rispetto a quelli che vigono
all’interno della società dell’animale umano. Dell’implicita
differenziazione di valore intrinseco – più o meno consapevole – che
viene effettuata, data e presa per buona (e soprattutto come normale),
comportando una conseguente differenziazione nel modo di proclamare e di
recepire un diritto. Ora, dimentichiamo per un attimo la condizione in
cui le galline sono costrette a vivere all’interno degli allevamenti
intensivi. Dimentichiamo tutto ciò che conosciamo a proposito del loro
sfruttamento, compreso il trattamento dei pulcini maschi, in virtù della
loro inutilità. E dimentichiamo anche il tragico destino verso cui esse
inevitabilmente corrono, tanto negli allevamenti intensivi quanto in
ogni altro tipo di allevamento, compreso quello a terra. Quello che vi
sto chiedendo, in sostanza, è di non pensare a ciò a cui è più facile
pensare, e cioè al loro trattamento e alla loro fine. Immaginiamo un
ipotetico quanto fantomatico paradiso – che potrebbe benissimo essere
quello del contadino locale che dispone soltanto (e facciamo già
attenzione al verbo “disporre”) di due o tre galline per il proprio
sostentamento – in cui non solo le nostre amiche sono libere di
razzolare nell’erba e vengono trattate con i guanti bianchi, ma in cui
gli viene anche assicurata una dignitosa morte di vecchiaia.<br />
Certamente, e non è ciò che miro a negare, una gallina che vive in un
luogo del genere è immensamente più fortunata rispetto alle sue compagne
che vivono in gabbia, ed è immensamente più fortunata rispetto a quelle
altre che, se pur allevate a terra, sono stipate in dei capannoni. È
più fortunata da ogni punto di vista, sia da quello del trattamento, che
da quello della sua sorte. Ma c’è qualcosa che forse sfugge, e per
riportarlo al luogo che dovrebbe competergli desidero rifarmi al
concetto di “valore intrinseco” a cui prima ho accennato e alla
definizione del concetto di dignità, contestandone al tempo stesso il
punto di vista fortemente antropocentrico, delineata dal filosofo
tedesco Immanuel Kant. Così scrive in “<b>Fondazione della metafisica dei costumi</b>”:</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;">“<i>Nel regno dei fini tutto ha un
prezzo o una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere sostituito da
qualcos’altro a titolo equivalente; al contrario, ciò che è superiore a
quel</i> <i>prezzo e che non ammette equivalenti, è ciò che ha una
dignità [...] Ciò che permette che qualcosa sia un fine a se stesso non
ha solo un valore relativo, e cioè un prezzo, ma ha un valore
intrinseco, e cioè una dignità</i>.”<br />
“<i>L’umanità [l'essere uomo] è essa stessa una dignità: l’uomo non può
essere trattato dall’uomo (da un altro uomo o da se stesso) come un
semplice mezzo, ma deve essere trattato sempre anche come un fine</i>.”</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">So benissimo come Kant si serva di questa
formulazione per farne motivo di discriminazione degli esseri viventi
che non appartengono alla specie umana. Sempre parlando dell’uomo,
prosegue infatti affermando:</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;">“<i>In ciò appunto consiste la sua
dignità (personalità), ed è in tal modo che egli si eleva al di sopra di
tutti gli esseri viventi che non sono uomini e possono servirgli da
strumenti</i>.”</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">In “<b>Metafisica dei costumi</b>” leggiamo inoltre:</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;">“<i>L’uomo considerato nel sistema della
natura (homo phaenomenon [elemento del mondo sensibile], animale
razionale), è un essere di importanza mediocre ed ha un valore modesto
(pretium vulgare) che condivide con tutti gli altri animali che produce
la terra. Ma considerato come persona, e cioè come soggetto di una
ragione moralmente pratica, l’uomo è al di sopra di qualunque prezzo.
Perché da questo punto di vista, come homo noumenon [membro del mondo
intelligibile], egli non può essere considerato come un mezzo per i fini
altrui, o anche per i propri fini, ma come un fine in se stesso, e cioè
egli possiede una dignità (un valore interiore assoluto) mediante cui
costringe tutte le altre creature ragionevoli al rispetto della sua
persona e può misurarsi con ciascuna di esse e considerarsi eguale ad
esse.</i>“</span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Ciò che mi ha spinto a citare Kant –
nonostante le sue teorizzazioni contengano un punto di vista
diametralmente opposto al mio ed in un certo qual senso anche ciò che
desidero contestare – lungi dall’essere un modo per innescare un
dibattito filosofico per il quale non ho sufficiente competenza, è solo
il desiderio di richiamare l’attenzione sul concetto di “valore
intrinseco”. Il filosofo tedesco sostiene che tale valore sia da
attribuire all’uomo in quanto soggetto di una ragione moralmente pratica
e in quanto membro del mondo intellegibile. Io, in un eccesso di
presunzione che per nessun motivo vuole essere denigratorio nei
confronti dell’intelligenza e delle idee del filosofo – per altro già
ampiamente analizzate e contestate da altri pensatori – ritengo che tale
valore non abbia nulla a che vedere con lo status di soggetto
razionalemorale, ma che vada attribuito all’uomo in quanto soggetto di
vita, essere senziente, in grado di esperire il mondo, provare gioia e
dolore, avere coscienza di se stesso in quanto essere. Tutto ciò che è
stato riconosciuto (c’era poi bisogno di un riconoscimento?) anche
all’infinità degli esseri che appartengono a quello che noi definiamo
regno animale. Il valore intrinseco è un valore assoluto, dato a priori,
che non ha bisogno di essere confermato. Ne consegue che un diritto
nascente da tale valore esista di per sé, e che non abbia bisogno di
essere concesso.<br />
Tornando a Rosita, mi permetto di affermare che, lungi dall’essere una
compassionevole concessione da parte dell’uomo che in tal modo viene
visto come “buono” e “rispettoso”, non solo ha il diritto di non vivere
in una gabbia, ma ha anche il diritto di non essere uno strumento e una
proprietà di qualcuno, in quanto questo diritto si è affermato da solo
nel momento stesso in cui è nata proclamandosi a se stessa e al mondo
come essere vivente e senziente. Mi permetto di affermare che Rosita,
come qualunque altro essere, dovrebbe essere, e di fatto è, di per sé un
fine, non un mezzo.<br />
Il paradosso che si svela agli occhi, di fronte ad una pubblicità del
genere, è il riconoscimento di un diritto al benessere che al tempo
stesso include il disconoscimento di un diritto più grande, che è quello
ad esistere di per sé e per se stessi. Nell’ipotetico paradiso che ci
siamo sforzati di immaginare prima, l’essere, per quanto rispettato e
ben trattato, rimane pur sempre una merce che ha un prezzo. Non ha un
fine che risiede in se stesso, ma il suo fine è quello del sostentamento
dell’uomo che ne “dispone”, che lo “possiede”. È vero, tutti a questo
mondo siamo anche degli strumenti; lavoriamo per qualcuno e per produrre
qualcosa. Ma alla base di questo sistema ci sono dei patti e degli
accordi, delle retribuzioni. La retribuzione, per una gallina e per
qualunque altro essere, non potrà mai essere quella di essere tenuto in
vita e di essere sfamato, e questo semplicemente per due motivi
basilari: 1) perché la vita è un suo incontestabile diritto e non ha
bisogno di essere riconosciuto ed accordato in cambio di qualcosa; 2)
perché se l’uomo non fosse mai intervenuto appropriandosene, sarebbe
stato in grado di sostentarsi da sè.<br />
Oserei aggiungere che, dal mio punto di vista, fino a che esisterà anche
un solo contadino che disporrà di una gallina per il proprio
sostentamento, pur trattandola bene e lasciandole la possibilità di
muoversi in totale libertà, nella mentalità collettiva quell’essere
continuerà ad esser visto come produttore di qualcosa, e non come un
essere fine a se stesso, e utilizzarlo sarà lecito, perché non saranno
state decostruite la logica e l’ideologia dell’utilizzo. Se un solo
contadino ha diritto di mangiare un uovo, considerandolo ancora come un
qualcosa di giusto e “naturale”, non vedo per quale motivo dovrebbe
essere il solo a farlo. Quindi, alla luce di tutto ciò, invito a fare
molta attenzione nella valutazione di siffatti spot pubblicitari, nella
maggior parte dei casi a prima vista innocui, e ad individuare dove ci
si metta in mostra – magari in buona fede ed inconsapevolmente, non
voltandosi a guardare a monte – concedendo un qualcosa che di per sé è
già paradossale abbia bisogno di essere concesso. Per gli ideatori dello
spot e per molti degli spettatori inchiodati (e bendati) davanti allo
schermo, Rosita è fortunata perché non vive in una gabbia. Tanto di
cappello. Ma per chi i paraocchi se li è strappati da tempo, sa guardare
e andare a fondo, o anche semplicemente cogliere con i sensi, a primo
impatto, la profondità di una questione senza doverla studiare ed
elaborare, Rosita non può che apparire tristemente sfortunata, in quanto
ancora vittima di una visione specista che la riduce ad un puro
strumento, per il quale non ci si può augurare altro che il
riconoscimento e la concessione di un benessere/diritto che in realtà
era già pienamente suo, dato dal semplice fatto di esistere.</span></span></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-25308321727068338602013-02-15T19:58:00.001+01:002013-03-27T08:11:04.470+01:00La preghiera che condanna<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-v32jK8zlGGI/URz1foaVFVI/AAAAAAAAACc/1fJ-BtAXVKA/s1600/253090_491563824189515_551777989_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="320" src="http://3.bp.blogspot.com/-v32jK8zlGGI/URz1foaVFVI/AAAAAAAAACc/1fJ-BtAXVKA/s320/253090_491563824189515_551777989_n.jpg" width="264" /></a></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Ovunque ci voltiamo, non possiamo fare a meno di imbatterci in immagini di animali, traboccanti di tenerezza, postate ed apprezzate da un'infinita varietà di persone che comprende animalisti, antispecisti, ma anche e soprattutto quella maggioranza di individui che non appartengono a nessuna di queste filosofie di pensiero. Individui che compongono quella massa che si incontra ad ogni istante per la strada, nei pub, nei negozi, sui mezzi pubblici.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">È innegabile: gli animali attirano la nostra attenzione, popolano la gran parte del nostro immaginario. Suscitano in noi sentimenti benevoli, di dolcezza, di affetto. Ci spingono, attraverso quello sguardo che più di ogni altro sa penetrare nell'animo, ad interessarci alle loro vicende, alle loro relazioni, ai loro piccoli gesti. E ci inducono a preoccuparci sinceramente per loro, ad avere a cuore il loro benessere ed il loro "destino".</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Tanto da dedicar loro una preghiera:</span></span></div>
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: small;"><i><span class="userContent">"A Prayer for Animals<br /> </span></i></span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: small;"><i><span class="userContent">Hear our humble prayer, O God, for our friends the animals,<br /> especially for animals who are suffering;<br /> for animals that are overworked, underfed and cruelly treated;<br /> for all wistful creatures in captivity that beat thei<span class="text_exposed_show">r wings against bars;<br /> for any that are hunted or lost or deserted or frightened or hungry;<br /> for all that must be put death.<br /> We entreat for them all Thy mercy and pity,<br /> and for those who deal with them we ask a heart of compassion <br /> and gentle hands and kindly words.<br /> Make us, ourselves, to be true friends to animals, <br /> and so to share the blessings of the merciful."</span></span></i></span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Queste poche righe, lette casualmente nel web, hanno suscitato in me un turbinio di sensazioni contrastanti. Se da un lato mi hanno fornito un'ulteriore evidenza di quanto gli animali siano presenti nei nostri pensieri, amati e considerati nella loro capacità di soffrire e di provare sensazioni spiacevoli da cui la maggior parte di noi vorrebbe preservarli, dall'altro hanno finito per riconfermare ai miei occhi una sconfortante realtà. <span style="color: #666666;">Una realtà cristallizzata, che non sa guardare oltre se stessa</span>. C'è qualcosa che stride in queste parole, qualcosa che non può essere ricongiunto, che non può formare un quadro armonico. Perchè pretende di amalgamare ingredienti che tra di loro non si possono legare, immagini che si annullano, anzichè intrecciarsi. Elementi il cui accostamento tenta di passare inosservato nell'artefatta omogeneità del testo, appellandosi alla consueta attitudine dello sguardo ad accettare inconsapevolmente la visione di paesaggi grotteschi senza percepirne minimamente le componenti paradossali.</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span>
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Compassione e condanna non possono stringersi in un abbraccio. Quel sentimento di empatia che spinge chi lo prova a pregare per il benessere e la salvezza degli animali trattati ingiustamente, affamati, spaventati, non può arenarsi e chinare la testa davanti all'immagine di coloro che, inevitabilmente, "<i><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">must be</span></span></i> <i><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">put death", </span></span></i><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">non può non mettere in discussione tale presunta inevitabilità, quasi si trattasse di un imperativo giunto dall'alto e non di una realtà creata da noi, e che proprio per questo da noi può essere decostruita, nel segno dell'invocata giustizia.</span></span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show">Questa realtà non è un comandamento divino, nè una condizione data ed ineluttabile; è un'industria. Un'industria che si auto-alimenta derubandoci della facoltà di valutare la sua legittimità e </span></span><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">di interrogarci al riguardo</span></span>, presentando se stessa come un dato di fatto, come un meccanismo che <i>deve</i> attuarsi, o che più banalmante si attua, indi<span style="font-size: small;">pendentemente </span>dal suo doversi o non doversi attuare. Un meccanismo percepito ormai come posto in essere prima ancora che tutto avesse un inizio, o peggio ancora, mai posto in essere, con conseguente impossibilità di concepirne un<span style="font-size: small;"> arresto</span>.</span></span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span style="font-size: small;">Davanti al quale possiamo solo versare le nostre lacrime di dolore, o pregare.<span style="font-size: small;"></span></span></span></span></span><br />
<br />
<span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">La compassione non può<i> </i>prestare il suo silenzioso assenso ad una realtà profondamente ingiusta senza riuscire neanche per un istante a metterla in discussione e ad immaginarne una diversa.</span></span></span><span style="font-size: small;"><i><span class="userContent"><span class="text_exposed_show"> </span></span></i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span class="userContent"><span class="text_exposed_show">Perchè una realtà diversa esiste, <span style="font-size: small;">ed è la più semplice, la più banale nella sua semplicità: una realtà in cui ognuno non ha nulla di più che i propri incalpestabili ed indiscutibili diritti. E se solo per un attimo ci decidessimo a guardare alla vita con i nostri occhi e non con quelli velati che ci hanno prima prestato e poi imposto affinchè aiutassimo </span></span></span><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show">ad accrescere il potere di chi ce li ha gentilmente prestati</span></span></span><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">, allora le componenti di quei grotteschi paesaggi riaffiorerebbero, e lungi dal pregare sancendo </span></span></span><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">la fine dell'inizio di ogni possibilità di cambiarli, </span></span></span><span class="userContent" style="font-size: small;"><span class="text_exposed_show"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">ci ritroveremmo a biasimare noi stessi per non aver mai neanche supposto di doverlo fare.</span></span></span></span><br />
<br /></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-18667400264854880702013-02-10T18:26:00.001+01:002013-02-10T18:32:46.013+01:00"Why don't we ever ask why?"<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Which is the mechanism that enables humane people to partecipate in inhumane practices?</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Why can't we find a rational explanation for many of our behaviors and, expecially,<span style="color: #666666;"><i> why don't we ever ask why</i></span>?</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">A very interesting conference by Dr. Melanie Joy, in english language, about the psychology of eating meat. It's worth the pain to take some time to listen carefully to her analysis, that could really help us understand what remains unvisible and unnamed behind our daily practices.</span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Quali sono quei fattori che spingono gli esseri umani a prendere parte a pratiche disumane? </span></span></div>
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Perchè non siamo in grado di trovare spiegazioni razionali a molti dei nostri atteggiamenti e, soprattutto, <span style="color: #666666;"><i>perchè non ce ne chiediamo mai il perchè</i></span>?</span></span></div>
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<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Credo davvero valga la pena di prendersi un pò di tempo per ascoltare attentamente questa conferenza della psicologa Melanie Joy in cui, con estrema chiarezza, vengono analizzate le motivazioni psicologiche e culturali della consuetudine di mangiar carne. Sebbene avessi già intrapreso un nuovo percorso e avessi già iniziato a rifiutare il sistema che ci circonda, ascoltarla mi ha dato nuove consapevolezze e mi ha fornito ulteriori risposte, perchè mi ha permesso di visualizzare in maniera concreta ciò di cui prima avevo soltanto una percezione a livello intuitivo; ciò che prima restava invisibile, inspiegato e senza nome.</span></span></div>
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<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;">Il video è in lingua inglese, ma sono riuscita a trovare in rete un pdf con la conferenza tradotta passo per passo, di cui lascio il link.</span></span></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Auguro un buon ascolto ed una buona lettura a chiunque interessato. </span></span></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"></span></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><object class="BLOGGER-youtube-video" classid="clsid:D27CDB6E-AE6D-11cf-96B8-444553540000" codebase="http://download.macromedia.com/pub/shockwave/cabs/flash/swflash.cab#version=6,0,40,0" data-thumbnail-src="http://0.gvt0.com/vi/7vWbV9FPo_Q/0.jpg" height="266" width="320"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/7vWbV9FPo_Q&fs=1&source=uds" /><param name="bgcolor" value="#FFFFFF" /><param name="allowFullScreen" value="true" /><embed width="320" height="266" src="http://www.youtube.com/v/7vWbV9FPo_Q&fs=1&source=uds" type="application/x-shockwave-flash" allowfullscreen="true"></embed></object></span><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"> </span></div>
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<a href="http://ravanellocurioso.files.wordpress.com/2012/11/lectio-magistralis_ok1.pdf" target="_blank">Lectio Magistralis di Melanie Joy</a></div>
Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3988282146455965400.post-11450495725939148842013-02-09T19:32:00.001+01:002013-02-14T08:49:40.821+01:00"Be the change you wish to see"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://3.bp.blogspot.com/-7TDwTqRJ2g0/URZeoeZIuqI/AAAAAAAAAB8/3xe5bkbencw/s1600/6247393183_34c3cbd1ed.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" height="234" src="http://3.bp.blogspot.com/-7TDwTqRJ2g0/URZeoeZIuqI/AAAAAAAAAB8/3xe5bkbencw/s320/6247393183_34c3cbd1ed.jpg" width="320" /></a></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Un tempo credevo che le scelte individuali non avessero peso. In realtà gliene davo moltissimo ed ero assolutamente convinta fossero l'unico vero motore di qualunque cambiamento; semplicemente, tendevo a non estendere questa considerazione alle mie. In poche parole, senza farlo volontariamente, escludevo me e le mie scelte dalla considerazione che avevo nei confronti delle scelte individuali in genere.</span></span></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Poteva accadere, così, che mi trovassi a ritenere sbagliati e a condannare negli altri atteggiamenti e comportamenti che io stessa assumevo, collocandomi al di fuori di qualsiasi analisi e ritenendo inconsapevolmente che le motivazioni delle altre persone non valessero per me e che, viceversa, le mie non valessero per loro. Era come se già il fatto stesso di individuare in quei comportamenti qualcosa di sbagliato, mi ponesse nella stessa condizione di chi invece non li assumeva, permettendomi di dimenticare con estrema facilità quanto invece vi fossi dentro anche io. Nei momenti in cui mi accadeva di ricordarlo, perchè inevitabilmente prima o poi accade, soprattutto se si tratta di comportamenti che noi per primi condanniamo, un'altra difesa interveniva ad allontanare il problema: il mio cambiamento è inutile - non impedirà effettivamente nulla - dovrebbero cambiare tutti - dovrebbe cambiare il mondo.</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Al tempo stesso, però, fatti da altre persone, questi discorsi mi apparivano a dir poco banali e stupidi. Vedevo chiaramente come fossero soltanto le solite scuse invocate per evitare le difficoltà del rendersi parte attiva, e ai miei occhi non potevano reggere, perchè qualunque difficoltà non avrebbe mai giustificato la mancanza di integrità personale.</span></span><br />
<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><br /></span></span>
<span style="color: #666666;"><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Non mi rendevo conto che, senza accorgermene minimamente, quelle solite scuse che biasimavo, le stavo prendendo io stessa.</span></span></i></span><br />
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Molti erano i fattori che contribuivano a confondere la mia percezione. Riguardo alla realtà dello sfruttamento animale, non ho mai avuto seriamente bisogno di metterla in discussione, perchè in discussione per me ci era sempre stata. Non l'ho mai considerata normale, o naturale. Non ho mai invocato nessuna presunta necessità della sua esistenza. Riuscivo a guardarla dall'alto, e vista dall'alto non poteva che apparire ai miei occhi orribile e assurda. Non vedevo ancora quali fossero il vero sistema e la vera ideologia che si nascondono dietro il proporre con estrema naturalezza cose che la maggior parte di noi riterrebbe inaccettabili, se soltanto quel sistema non avesse lavorato a meraviglia, restando nell'invisibile e nell'anonimato, al fine di indurci ad accettare e a partecipare senza darci alcuna consapevolezza e responsabilità. Al fine di indurci a smettere di pensare, e di sentire. Non lo vedevo, ma percevivo me stessa al di fuori. Io pensavo, sentivo, e lo sentivo sbagliato. Ciò che mi sfuggiva, però, è che non avevo in realtà in me stessa alcuna forma di integrità, intesa nella sua accezione di integrazione di valori e comportamento. Quando lessi per la prima volta dell'esistenza dei vegetariani e dei vegani, ed ero molto piccola, ricordo che non ebbi mai nessun senso di avversione. Loro rappresentavano la libera scelta, erano la testimonianza vivente del fatto che a questa realtà ci si può sottrarre, e la si può contrastare, rimettendo in discussione l'impossibilità di fare altrimenti che molti sostengono, non pensando neanche che esista una scelta. Loro trasformavano, semplicemente esistendo, azioni e comportamenti considerati uniformi a livello sociale e quindi privi di responsabilità, in pura negligenza individuale. Per molti non è facile fare i conti con questa pura constatazione; sono molti i meccanismi di difesa che accorrono in questi casi, quali possono essere ridicolizzare chi si ha di fronte per non mettere in discussione se stessi, o aggredirlo perchè solleva interrogativi che non ci si vuole porre. Nessuno di questi meccanismi, però, ha mai agito su di me. Avevo invece una profonda stima, e forse, paradossalmente, è stato proprio questo ad alterare la mia percezione. Non mi sentivo affatto diversa, mi riconoscevo moltissimo in queste persone e nel loro modo di pensare e di sentire. Fino a trascurare come dato secondario il fatto che le mie azioni seguissero un'altra direzione.</span></span></div>
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<span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">Non mi dilungherò ora sul quando e perchè questo cerchio si sia chiuso ricongiungendo i suoi estremi. Non lo faccio perchè non lo ritengo rilevante. Sono svariati i motivi che portano a prendere coscienza, ad un certo punto della propria vita, dell'orrore che ci circonda o più semplicemente dell'incoerenza nel nostro modo di agire. E soprattutto, ogni esperienza è un'esperienza individuale, per quanto condivisa, e mostra caratteristiche differenti da persona a persona. Ciò che mi preme sottolineare e che considero davvero rilevante non è tanto il motivo per cui avviene, ma il modo in cui lo sguardo cambia in seguito e grazie al suo avvenire. E attraverso quel nuovo sguardo io, improvvisamente, ho capito. Ho capito quanto sia assurdo e incoerente lottare verbalmente contro qualcosa continuando a compierla attraverso le azioni, quanto sia ipocrita dispiacersi immensamente per qualcosa a cui si prende parte senza esercitare opposizione. Ho capito che attraverso le mie scelte individuali e attraverso la mia integrità posso contribuire ad un cambiamento portato avanti da altre singole individualità, come me, ma che insieme assumono una dimensione sociale. Ho capito che <span style="color: #666666;"><i>siamo noi a doverci liberare di ciò che nel mondo non vorremmo, invece di aspettare che il mondo cambi per noi</i></span>, e che l'integrità consiste nell'agire semplicemente come se quel cambiamento nel mondo fosse già avvenuto. E ho capito che è solo la consapevolezza a darci questo potere. Perchè, come espone la psicologa Melanie Joy in una sua conferenza, "senza consapevolezza non c'è libera scelta". <span class="userContent"> </span></span></span></div>
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<i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><span class="userContent">"With awareness we can choose to be active
witnesses </span></span></span></i></div>
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<i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><span class="userContent">rather than passive bystanders. </span></span></span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><span class="userContent">With awareness we can practice
justice and exercise love. </span></span></span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;"><span class="userContent">With awareness we can live more authentic
and freely chosen lives</span></span></span></i></div>
<div style="text-align: center;">
<i><span class="userContent"><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">and truly become, as Gandhi said, </span></span></span></i></div>
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<span class="userContent"><i><span style="font-family: Verdana,sans-serif;"><span style="font-size: small;">the change we wish to see."</span></span></i><br /> </span></div>
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Tempo Immortalehttp://www.blogger.com/profile/18001339324886287789noreply@blogger.com6